[BookSwiffer] Orfani Bianchi - Antonio Manzini

by - novembre 20, 2018


Buongiorno lettori!
Chi mi segue su Facebook ed è stato attento sa già che oggi parte sul blog una nuova rubrica, BookSwiffer, in compagnia di chi se non di Laura La Libridinosa e Bacci (detta anche Stefania, ogni tanto, ma mica spesso eh) di Due lettrici quasi perfette? In che cosa consiste? Ecco, dovete sapere che in casa noi non abbiamo tanti libri, abbiamo valanghe di libri in attesa di essere letti, cioè praticamente siamo delle librerie sotto mentite spoglie. Quindi ci serviva uno sprone, un bel calcio nel sedere (figurato... Lallì ho detto figurato!!! Fermati!!!) per iniziare a smaltire qualche titolo. Ed ecco che nasce BookSwiffer, la rubrica delle grandi pulizie (felici? sono tornati i miei titoloni!!). Ogni mese ognuna di noi stilerà una lista di 5 libri che stazionano da un po' in libreria e le altre ne sceglieranno uno da farle leggere. Semplice e chiaro no?

Per questo primo mese ho proposto alle ragazze questa cinquina di libri tra cui scegliere:


E loro hanno decretato che io leggessi... Siiii, Manzo!!! Ehm... mi ricompongo... Orfani Bianchi di Antonio Manzini.


Orfani Bianchi
di Antonio Manzini
Chiarelettere | Narrazioni | 256 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €16,00
20 ottobre 2016 | scheda Chiarelettere


Mirta è una giovane donna moldava trapiantata a Roma in cerca di lavoro. Alle spalle si è lasciata un mondo di miseria e sofferenza, e soprattutto Ilie, il suo bambino, tutto quello che ha di bello e le dà sostegno in questa vita di nuovi sacrifici e umiliazioni. Per primo Nunzio, poi la signora Mazzanti, “che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all’albero ai regali e al panettone”, poi Olivia e adesso Eleonora. Tutte persone vinte dall’esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Ad accudirle c’è lei, Mirta, che non le conosce ma le accompagna alla morte condividendo con loro un’intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane. Ecco quello che siamo, sembra dirci Manzini in questo romanzo sorprendente e rivelatore con al centro un personaggio femminile di grande forza e bellezza, in lotta contro un destino spietato, il suo, che non le dà tregua, e quello delle persone che deve accudire, sole e votate alla fine. “Nella disperazione siamo uguali” dice Eleonora, ricca e con alle spalle una vita di bellezza, a Mirta, protesa con tutte le energie di cui dispone a costruirsi un futuro di serenità per sé e per il figlio, nell'ultimo, intenso e contraddittorio rapporto fra due donne che, sole e in fondo al barile, finiscono per somigliarsi. Dagli occhi e dalle parole di Mirta il ritratto di una società che sembra non conoscere più la tenerezza. Una storia contemporanea, commovente e vera, comune a tante famiglie italiane raccontata da Manzini con sapienza narrativa non senza una vena di grottesco e di ironia, quella che già conosciamo, e che riesce a strapparci, anche questa volta, il sorriso. 
Quello che lasciamo pesa cento volte di più di quello che otteniamo.

Per chi è abituato al Manzini di Rocco Schiavone, delle rotture di coglioni e di Lupa è spiazzante scoprirlo alle prese non con un giallo ma con una storia fatta di fatica e dolore, una storia che inizia male e che già sai non finirà bene. Manzini veste i panni di Mirta, trentaquattrenne moldava, che come tante è arrivata in Italia alla ricerca di un futuro migliore per se e soprattutto per il figlio Ilie, rimasto al paese. Ma niente, Mirta non solo non trova la tanto agognata fortuna, ma la sua vita è un continuo di colpi bassi, di fregature; lei combatte, ci prova a dimenarsi dalla morsa del dolore e della sfortuna. No niente, è un colpo dietro l'altro.
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Quanta miseria nella vita di Mirta. È una parola, miseria, che, ammettiamolo, non abbiamo ben chiara fino a che punto può arrivare, fino a che punto può essere dura. Ma Manzini qui ce ne dà una dimostrazione. Quando lasci la tua casa, tuo figlio, quando lavori tante ore, quando subisci un lutto, un nuovo distacco, subisci, subisci... A Mirta non viene risparmiato nulla!

Da Manzini mi aspettavo molto, è uno scrittore che mi ha abituato  alla sorpresa, al partire con un'idea per poi stravolgerla 300 pagine dopo. Orfani Bianchi mi ha dato quella sorpresa che mi aspettavo ma in un modo diverso. Veste i panni di una donna in maniera così convincente che spiazza il lettore. Riesce, tramite questa giovane donna, a mostrarci quanto amara può essere la realtà, quanto fango può sommergere chi non ha appigli. Mirta diventa, tramite la sua penna, l'emblema di quanto schifo può esserci al mondo, di quanto odio si nasconda in quei posti in cui si dovrebbe trovare rifugio. 

Ma... si c'è un ma... gli stereotipi abbondano. La moldava che viene in Italia e fa le pulizie o la badante, la vita difficile le capisco, sono una realtà. Ma l'italiano menefreghista, che non cura la famiglia e pensa solo ai soldi, il datore di lavoro maiale, la riccona snob, sono cose reali, che capitano lo so, ma così, tutte insieme, come ammassate una sull'altra mi sono sembrate un po' troppo. Come se solo i poveri fossero onesti, come se non ci fosse mai nessuno pronto a dare una mano. E poi la puzza! Tutto puzza in questo libro, non c'è un angolo di Roma che non puzzi. E anche qui gli stereotipi a go go: il cinese puzza di fritto, il magrebino di aglio. 

È stato un libro del troppo per quanto mi riguarda: troppa sfortuna, troppa miseria, troppa angoscia. Il tutto mi ha lasciato un buco nero dentro, una sorta di ansia che mi faceva sospirare ad ogni nuova disgrazia, ad ogni nuova persona che Mirta incontrava, sapevo che sarebbe successo altro, sapevo che il dolore non era finito. E via, ansia su ansia, angoscia su angoscia!
Alla fine è stata una lettura breve ma molto difficile da portare a termine, colpa anche mia che davanti a storie così pesanti tendo a chiudermi a riccio.

Alla prossima


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6 comments

  1. Ho indovinato il libro, sapevo che sarebbe stata questa la scelta. Comunque è un libro un po' palloso e troppo stereotipato concordo in pieno

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    1. Si infatti, troppi stereotipi. Meglio continuare con Rocco eh...

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  2. Allora, cretina... il titolone tu ora lo rimetti nel cassetto, altrimenti il calcio in culo non è più figurato. Vuoi vedere?!

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  3. Per questo mese è andata bene solo a me, a quanto pare. Chissà il prossimo che succederà...

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