Recensione: Rien ne va plus - Antonio Manzini

by - gennaio 14, 2019

Buongiorno lettori!
Quella di oggi sarà una recensione di pancia e cuore, ci ragionerò molto poco, quindi preparatevi, mettetevi comodi perchè non so mica cosa ne uscirà fuori.
Allora, voi dovete sapere che la settimana scorsa è stata traumatizzante. Da giovedì sera in avanti ho vagato per casa, posando gli occhi sulla tv, su libri, sul computer non ben conscia di cosa stessi facendo, dove stessi andando o di che ne sarebbe stato della mia vita (o se mi fossi ricordata le mutande... dettagli). E lo sapete di chi è la colpa? Di Antonio Manzini! Si dottore, è il caso che lei si prenda le sue responsabilità! Finito di leggere Rien ne va plus ho avuto un crollo: cosa mai avrei potuto leggere ancora che mi facesse sentire così? Come sarebbe continuata la mia vita (e pure quella di Rocco Schiavone)? Come? Come??? COME?????
Ho aspettato 3 giorni (TRE!!!) prima di mettermi al computer e scrivere qualcosa, prima di riprendere in mano questo libro (dalla copertina orrenda, perchè diciamolo, 'sto giro la copertina è proprio bruttina eh) e risentirmi di nuovo persa e afflitta. Qualcosa lo scrivo ma sappiate che è solo la punta dell'iceberg....

Rien ne va plus
di Antonio Manzini
Sellerio | La memoria | 310 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €14,00
10 gennaio 2019 | scheda Sellerio

Scompare, letteralmente nel nulla, un furgone portavalori. Era carico di quasi tre milioni, le entrate del casinò di Saint-Vincent. Le dichiarazioni di una delle guardie, lasciata stordita sul terreno, mettono in moto delle indagini abbastanza rutinarie per rapina. Ma nell'intuizione del vicequestore Rocco Schiavone c'è qualcosa - lui la chiama «odore» - che non si incastra, qualcosa che a sorpresa collega tutto a un caso precedente che continua a rodergli dentro. «Doveva ricominciare daccapo, l'omicidio del ragioniere Favre aspettava ancora un mandante e forse c'era un dettaglio, un odore che non aveva percepito». Contro il parere dei capi della questura e della procura che vorrebbero libero il campo per un'inchiesta più altisonante, inizia così a macinare indizi verso una verità che come al solito nella sua esperienza pone interrogativi esistenziali pesanti. Il suo metodo è molto oltre l'ortodossia di un funzionario ben pettinato, e la sua vita è piena di complicazioni e contraddizioni. Forse per un represso desiderio di paternità, il rapporto con il giovane Gabriele, suo vicino di casa solitario, è sempre più vincolante. Lupa «la cucciolona» si è installata stabilmente nella sua giornata. Ma le ombre del passato si addensano sempre più minacciose: la morte del killer Baiocchi, assassino della moglie Marina, e il suo cadavere mai ritrovato; la precisa, verificata sensazione di essere sotto la lente dei servizi, per motivi ignoti. Sembra che in questo romanzo molti nodi vengano al pettine, i segreti e i misteri; ed in effetti, intrecciate al filone principale, varie storie si svolgono. Così come si articolano le vicende personali (amori, vizi, sogni) che sfaccettano tutti gli sgarrupati collaboratori in questura di Rocco. Una complessità e una ricchezza che danno la prova che Antonio Manzini si proietta oltre il romanzo poliziesco, verso una più universale rappresentazione della vita sociale e soprattutto di quella psicologica e morale. Ed è così che il personaggio Rocco Schiavone, con il suo modo contorto di essere appassionato, con il suo modo di soffrire, di chiedere affetto, è destinato a restare impresso nella memoria dei suoi lettori.

Sarebbe bello ricominciare daccapo, ma non saprei neanche da dove partire. Sai che mi viene voglia di fare? Restare qui, aspettare gli eventi, se va male poi saprò. Dove sei? Ecco, se me ne vado almeno questo non lo soffrirò più. Ma non ho voglia di lottare, per niente. L'unica cosa che vorrei è averti accanto.

Ritornare a leggere Manzini non è mai stato tanto semplice e tanto difficile al contempo come questa volta. Facile perché dopo appena tre mesi ritroviamo Rocco Schiavone, un record non da poco per noi lettori abituati a dover aspettare quell’annetto buono prima di tornare ad Aosta; difficile perchè ritorniamo a metà di una storia che non sembra avere né capo né coda, che gira intorno al vicequestore e lo trascina tra passato e presente. 
@pixabay

Ricordate? Rocco non c’aveva capito un cazzo in Fate il vostro gioco. Sì, un colpevole lo aveva trovato e arrestato ma non era convinto, sapeva che dietro l’omicidio dell’ex dipendente del Casinò di Saint Vincent ci doveva essere ben altro. Non molla Rocco e continua ad indagare, anche perchè guarda caso sparisce un portavalori partito proprio dal casinò…

Non contento dei colpi inferti con Pulvis et umbra Manzini ci dà un’altra mazzata e questa volta la maschera da doppio libro. Fate il vostro gioco e Rien ne va plus potevano essere benissimo un libro unico, 7-800 pagine che non avrebbero spaventato noi lettori appassionati del vicequestore di Aosta, ma sono contenta che l’autore abbia deciso per dure romanzi separati, che ci abbia centellinato questo caso che ha la parvenza della truffa tanto tipica ma che nasconde in sé tanto ma tanto di più. 

Non sono riuscita a posarlo, se non per una doccia veloce e per sfamare il cane che con gli occhioni mi guardava speranzosa, dovevo andare avanti e vedere che ne sarebbe stato di Rocco, Gabriele, Lupa e di tutti gli altri. Preparatevi a tutto, a scivoloni, a risate e lacrime, a rabbia e a nuovo dolore. 
Manzini negli anni passati ha aperto tante parentesi nella vita di Rocco, ci ha fatto scoprire tanti possibili scenari, e anche questa volta alla fine avremo una strana sensazione, stretta tra la soddisfazione di aver messo un punto al caso e la confusione per quello che ancora una fine non ha. 

@pixabay
Tra un giallo e l'altro, il cuore di tutto continua ad essere lui, Rocco, un personaggio tanto forte da essere lui stesso il romanzo. E se questa volta trova una soluzione al caso, non la trova per se stesso, ancora più perso nella sua solitudine, con Marina che oramai sente sempre meno, è sempre più un'eco lontana, un pensiero a qualcosa che poteva essere e non è stato, e quella famiglia forzata che Gabriele gli ha montato in casa. Ma in questo capitolo il vicequestore ha anche paura, non credo di averlo mai visto così spaventato. Furioso, incredulo, sconsolato sì, ma spaventato mai. Ha paura Rocco, per se e per chi gli è intorno e ha soprattutto paura di cosa non c'è più e di chi lo ha preso. Lo so, sono sibillina, ma tra quello che non vi posso dire e quello che Manzini non ci dice è un bel casino scrivere qualcosa. 
Soprattutto in questi ultimi due libri si è creato un legame strano e profondo tra il lettore e il vicequestore, un affetto attento e misurato solo in apparenza, ma che nel profondo è molto di più. Vorresti dirgli di stare attento, di guardarsi le spalle, di non fidarsi e magari di comprarsi un cappotto che lo protegga dalla pioggia insistente, ma sai già che lui farà quello che vuole, che girerà per Aosta, Lupa al seguito, sotto un acquazzone continuo, che continuerà a cercare la verità, continuerà a scrutare tra quelle ombre che lo circondano e che lo tengono d'occhio, ombre pericolose.

Ogni volta mi stupisco, ogni volta sono sicura di aver letto il libro più bello della serie, e ogni volta, immancabilmente, eccomi immersa in una maratona di lettura, perchè non posso abbandonare Rocco, non lo lascerò da solo. Anche se, come al solito, chiusa l'ultima pagina fisso quel foglio bianco con gli occhi lucidi e mi chiedo: E ora? Rocco, ora cosa succederà?

Alla prossima
 





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2 comments

  1. ... e ora non ti resta che pregare "San Manzo" di far uscire subito un nuovo libro. Vi vedo già che picchettate la casa di Manzo (tu, Bacci, Laura e qualcun altra/o) con i cartelli con su scritto "Escilo subito" ^_^

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    1. Cartelli pronti!! Io porto caffè e le altre dolcetto, chi vuole unirsi è ben accetto! ESCILO SUBITO!!

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