Recensione: So che un giorno tornerai - Luca Bianchini

by - ottobre 31, 2018

Buongiorno lettori!
Ultimo giorno del mese e Halloween finalmente arrivati. Speriamo facciano anche in fretta a togliersi dai piedi perché mal lo digerisco. Si perchè, se Lallina La Libridinosa è il Grinch di Natale, io lo sono di Halloween e Pasqua. Quindi bimbi adorati non vi conviene bussare alla mia porta stasera perchè tanto urlerò "non c'è nessuno". Ci siamo capiti?
In questo clima di giocosa ilarità (mica tanto, io son seria) oggi vi do il buongiorno con una nuova recensione. Vi parlo di So che un giorno tornerai di Luca Bianchini.


So che un giorno tornerai
di Luca Bianchini
Mondadori | Scrittori italiani e stranieri | 264 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €18,00
2 ottobre 2018 | scheda Mondadori

Angela non ha ancora vent'anni quando diventa madre, una mattina a Trieste alla fine degli anni Sessanta. Pasquale, il suo grande amore, è un "jeansinaro" calabrese, un mercante di jeans, affascinante e già sposato. Lui le ha fatto una promessa: "Se sarà maschio, lo riconoscerò". Angela fa tutti gli scongiuri del caso ma nasce una femmina: Emma. Pasquale fugge immediatamente dalle sue responsabilità, lasciando Angela crescere la bambina da sola insieme alla sua famiglia numerosa e sgangherata. I Pipan sono capitanati da un nonno che rimpiange il dominio austriaco, una nonna che prepara le zuppe e quattro zii: uno serio, un playboy e due gemelli diversi che si alternano a fare da babysitter a Emma. Lei sarà la figlia di tutti e di nessuno e crescerà così, libera e anticonformista, come la Trieste in cui vive, in quella terra di confine tra cielo e mare, Italia e Jugoslavia. Fino al giorno in cui deciderà di mettersi sulle tracce di suo padre, e per lui questa sarà l'occasione per rivedere Angela, che non ha mai dimenticato.
Il passato non si può dimenticare, prima o poi torna.
Iniziare questo libro è stata una scommessa che ho fatto con l'autore (ovviamente tutto nella mia testa). Mentre era in un programma tv l'ho guardato ben bene in faccia e gli ho detto "Ok, io lo leggo, ma guai a te se mi riproponi quel maledetto nano da giardino!". Che ve lo siete dimenticato il nano di Dimmi che credi al destino? Io no, un incubo che ogni tanto mi torna in mente. Ma dicevo... Spinta anche dalle recensioni positive, ho voluto dare una nuova occasione al caro Luca e vedere se lo ritrovavo nel suo nuovo libro. Iniziato il primo capitolo, esattamente a fine pagina 11, davanti a queste poche righe...

"Signora è femmina... come la vuole chiamare?"
Angela restò immobile, come se il suo parto non fosse finito ma stesse per ricominciare di nuovo. Era femmina, aveva sentito bene. E pronunciò il nome che aveva sempre pensato.
"Giorgio".

...tutta felice ho esclamato "Ciao Luca! Ci si rivede, come va?". 
@dissapore.com
Ebbene si lettori, Luca è tornato ed è tornato al suo meglio, con un libro che ci parla di famiglia, occasioni e perdite. Mi viene da pensare che Luca dia il suo meglio nelle storie con le grandi famiglie di una volta, quelle che non si riuniscono solo a Natale o in poche occasioni ma che hanno sempre il pentolone col ragù a borbottare sul fuoco perchè "non si sa mai chi può arrivare".

Questa volta non siamo nel solare sud ma nella ventosa Trieste e al centro del racconto c'è la famiglia Pipan. In particolare Angela, l'unica figlia. Siamo negli anni '60 e Trieste è lì vicino al confine con la Jugoslavia. Angela è poco più di una bimba e si innamora di Pasquale, un calabrese che fa il jeansinaro. Ma Pasquale è anche sposato e quando Angela resta incinta e ha una bimba, Emma, lui non la riconosce e lascia la madre. È talmente forte il colpo che Angela prende e se ne va a Bassano con il primo ragazzo che incontra. Emma verrà cresciuta da nonni e dagli zii. 

Luca Bianchini dà il suo meglio con le grandi famiglie rumorose e allargate e anche qui lo troviamo in grande spolvero con i Pipan, ma soprattutto con Angela e Emma, i due poli intorno a cui ruota tutto. Costruisce in maniera sapiente una grande storia corale in cui amore e scoperta la fanno da padrone. Angela è una ragazzina e come tale si comporterà per tutta la sua vita. Irrequieta e volubile, è simile alla bora che tanto ama e che sferza Trieste. Arriva, spinge, scompiglia, sembra non smettere mai ma poi ti abbandona, lasciandoti un vuoto che non sai quando sarà colmato dalla raffica successiva. Tutta la sua vita è un tira e molla: con Emma, con il buon Ferruccio, con Pasquale ma anche con quella famiglia che non le ha mai voltato le spalle. E' un personaggio che ho odiato con tutto il mio essere. Come si fa ad essere al contempo tanto egoista e tanto stupida?? Pasquale è per lei non solo l'amore di una vita, è un'ossessione continua che travolge tutto e tutti. Lei stessa sa che non la renderà mai felice eppure non appena un cenno, una parola glielo ricordano ecco che è pronta a passare sopra a tutto pur di vederlo, pur di sapere che pensa ancora a lei. 

@wikipedia.it
L'altro polo del racconto è Emma. Bianchini crea un netto ed evidente parallelismo tra le due. Da piccola Emma alimenta la sete di attenzioni e di idolatria che Angela sente di meritarsi. Ogni apparizione della madre è per la piccola una festa, Natale e compleanno messi assieme. Poi però Emma cresce, si ribella ad un mondo che ruota unicamente intorno a questa figura evanescente che c'è e non c'è, che lei stessa non sa quasi come chiamare. La ribellione, l'adolescenza, i primi amori, Emma cresce ma, pur ritrovandosi nella stessa situazione di Angela, decide di non seguire le sue orme e di essere madre davvero, donna davvero. Non sarà perfetta, nessuno lo è, ma almeno non scappa lei, non si nasconde a Bassano, non finge e non mente. Quanto è "coccola" Emma! Un personaggio positivo, che non si nega qualche scivolone e qualche caduta ma che sa riprendersi e soprattutto sa darsi delle priorità nella vita. Tutta raziocinio? No, anzi, Emma è sentimento puro, cuore e pancia, prima per quella madre che vorrebbe tanto avere tutta per se, per cui vorrebbe tanto essere un maschio e poi per la famiglia che lei stessa sa crearsi. 

A far da contorno la famiglia Pipan, un ammasso unico di amore e buon umore, una famiglia vera, che anche davanti ad incidenti sul percorso resta unita, si sostiene e va avanti, che accoglie anche le mogli mica tanto simpatiche dei fratelli, che alla parete ha il quadro di Francesco Giuseppe, che anche per un motorino deve fare una convocazione di massa...

[...]il motorino. Per lei quell'oggetto era la soluzione a tutte le sue frustrazioni: così sarebbe potuta andare dove voleva, con chi voleva, quando voleva.
I nonni però le dicevano "devi chiedere a tua madre"; la madre diceva "devi chiedere ai nonni"; gli zii dicevano "chiedi alla mamma e ai nonni"; i gemelli dicevano "chiedi allo zio Riccardo", Mila le diceva "se vuoi chiedo a mia zia".

Il nuovo libro di Luca Bianchini è divertente e tocca al cuore, con la sua famiglia allargata e la sua storia lunga anni, una storia d'amore certo, ma anche sulla ricerca di se stessi e della felicità, sulla consapevolezza che per essere felici a volte non si può seguire un percorso lineare, che la vita è fatta di curve e tornanti. La felicità dobbiamo trovarla prima dentro di noi, solo allora potremo donarla anche a chi abbiamo intorno. 

Alla prossima








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2 comments

  1. Dimmi che credi al destino è il mio incubo peggiore… però ho preso So che un giorno tornerai, voglio vedere se stavolta mi emoziona.

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    1. "Dimmi che credi al destino" per me era stata un'enorme delusione (le majorette... perchèèèèèè?????). Questo invece mi ha ricordato più il calore di Io che amo solo te e de La cena, quel senso di famiglia ( e anche i casini che ci sono nelle famiglie).

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