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[Bookswiffer] Recensione: Niente caffè per Spinoza - Alice Cappagli

Buongiorno lettori!
Inizio la settimana con un nuovo appuntamento di Bookswiffer, la rubrica mensile del brilla e ammira! Ora, fatemi avviare il mio robottino pulisci pavimenti mentre taggo La Libridinosa e la Bacci di Due lettrici quasi perfette e tiro fuori i cinque titoli di questo mese. Loro ne hanno scelto uno solo da farmi leggere a febbraio. Questa è la mia cinquina:
  • Quasi giallo - Enrico Giannichedda, Edipuglia Edizioni
  • L'uomo nero e la bicicletta blu - Eraldo Baldini, Rizzoli Bur
  • Signore e signori - Alan Bennett, Adelphi
  • Niente caffè per Spinoza - Alice Cappagli, Einaudi
  • Il mio anno di riposo e oblio - Ottessa Moshfegh, Feltrinelli
Laura e la Bacci hanno scelto per me... Niente caffè per Spinoza di Alice Cappagli.


NIENTE CAFFÈ PER SPINOZA
di Alice Cappagli
Einaudi | Super ET | 278 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €12,00
16 giugno 2020 | scheda IBS

Quando all'ufficio di collocamento le propongono di fare da cameriera e lettrice a un vecchio professore di filosofia che ha perso la vista, Maria Vittoria accetta senza pensarci due volte. Il suo matrimonio sta in piedi «come una capannuccia fatta con gli stuzzicadenti» e tutto, intorno a lei, sembra suggerirle di essere arrivata al capolinea. Il Professore la accoglie nella sua casa piena di vento e di luce e basta poco perché tra i due nasca un rapporto vero, a tratti comico e mordace, a tratti tenero e affettuoso, complice. Con lo stesso piglio livornese gioioso e burbero, Maria Vittoria cucina zucchine e legge per lui stralci di Pascal, Epitteto, Spinoza, Sant'Agostino, Epicuro. Il Professore sa sempre come ritrovare le verità dei grandi pensatori nelle piccole faccende di economia domestica e Maria Vittoria scopre che la filosofia può essere utile nella vita di tutti i giorni. Ogni lettura, per lei, diventa uno strumento per mettere a fuoco delle cose che fino ad allora le erano parse confuse e raccogliere i cocci di un'esistenza trascorsa ad assecondare gli altri. Intorno c'è Livorno, col suo mercato generale, la terrazza Mascagni e Villa Fabbricotti, le chiese affacciate sul mare. E una girandola di personaggi: gli amici coltissimi del Professore, la figlia Elisa, la temibile Vally, cognata maniaca del controllo, la signora Favilla alla costante ricerca di un gatto che le ricorda il suo ex marito, i vecchi studenti che vengono a far visita per imbastire interminabili discussioni. E poi Angelo, ma quello è un discorso a parte. A poco a poco Maria Vittoria e il Professore s'insegneranno molto a vicenda, aiutandosi nel loro opposto viaggio: uno verso la vita e l'altro - come vuole l'ordine delle cose - verso la morte. Senza troppi clamori, con naturalezza, una volta chiuso il libro ci rendiamo conto che la lezione del Professore sedimenta dentro a tutti noi: dai libri che amiamo è possibile ripartire sempre, anche quando ogni cosa intorno ci dice il contrario.

Non dobbiamo volere con ostinazione che le cose vadano come desideriamo, ma desiderare che vadano come vanno.

Io di 3 anni di filosofia al liceo mi ricordo giusto l'odio profondo per Hegel, mamma quanto non mi andava né su né giù. Quindi mi sono approcciata a questo libro con curiosità e timore. Mi ci sarei raccapezzata? Vi ho trovato una lettura lieve ma profonda. Lieve perchè in qualche modo, nonostante le difficoltà della protagonista e il finale dolce amaro, riesce a farti mettere il cuore in pace, a darti una sensazione di soddisfazione che non sempre trovo in questo genere di libri.

Livorno. Terrazza Mascagni (Foto @Fabrizio Lunardi)
La storia che Alice Cappagli ci propone ci parla di Maria Vittoria e del Professore. Lei è alla disperata ricerca di un lavoro e di una vita nuova, lontana da quel marito menefreghista che non le parla e se lo fa è solo per dirle che ha portato le camice da stirare. Lui, il Professore, insegnava filosofia ma a causa di una sindrome degenerativa ha perso la vista. Maria Vittoria inizia a lavorare a casa del Professore in punta di piedi, con la paura di non essere all'altezza di ciò che le viene richiesto, non solo prendersi cura della casa ma anche leggere per lui, ma anche con lo spirito di chi vuole mettere un po' d'ordine in quell'appartamento tanto luminoso quanto specchio della confusione e della paura che vi regna. 

Niente caffè per Spinoza è un libro concreto e vero, che non fa voli pindarici ma ti mostra la vita per quello che è, ma che ti dimostra come anche la filosofia possa essere nella vita di tutti i giorni, nei gesti più semplici e comuni, negli eventi più belli e in quelli più brutti. Mi ha colpito la sua luminosità, il suo ampio respiro, soprattutto in contrasto con la chiusura della casa in cui Maria Vittoria è costretta a vivere con il marito e la suocera, infestata di muffa e umidità, un luogo fatto di ombra e di persone grette e meschine. Ne fa da contraltare l'appartamento di via degli Ebrei, confusionario ma pieno di luce, il lungo mare ventoso. Aria, luce, di questo ha bisogno la nostra protagonista, di vento che le scompigli i capelli, del mare blu sconfinato, di un cielo azzurro che le mostri un altro modo di vivere, di essere.

Con Maria Vittoria ho avuto un rapporto piuttosto conflittuale, fatto di alti e bassi, di occhi alzati al cielo e di qualche lacrima. Non la capivo, non capivo il suo persistere a tornare in quella casa. Mi chiedevo perchè non prendesse il povero Aceto (la cui fine, se così possiamo dire, un po' sul gozzo mi è rimasta) e mandasse marito e suocera sonoramente al diavolo e non chiedesse aiuto al professore. Orgoglio? Paura di restare sola? Non lo so. Sta di fatto che io le camice gliele avrei fatte trovare appese ad un albero, che per la catenina rubata lo avrei denunciato, che all'amico Maurizio avrei rigato la macchina (lo so, non si fa, ma porca miseria, ogni sua telefonata mi faceva venire un nervoso...). E anche alla fine, c'è questo incontro da né vincitori né vinti che mi ha lasciato con l'amaro in bocca, perchè non è giusto.

Il finale in cui tutti i pezzi del puzzle si incastrano mi è sembrato coerente con la storia, ma anche un po' scontato. Non che dovesse accadere chissà che ma risulta un po' piatto.
In conclusione, è stata una lettura che mi ha intrattenuta ma non coinvolta in pieno, che ho trovato forse troppo lineare. Curiosa? Certo, soprattutto perchè riesce ad integrare bene un tema ostico come la filosofia e ce la rende un po' più concreta, meno da aula e più da vita vera. È stato un romanzo che sono riuscita a ben immaginarmi, quasi a farmi un film mentale, con le scene, gli scorci, i viali. 
Diciamo che naviga tra aspetti positivi e altri non del tutto negativi.

Alla prossima



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