Recensione: Enrico VIII. Il cuore e la corona - Alison Weir
Buongiorno lettori!
Queste sono giornate un po' piene tra lavoro e casa. Infatti volevo pubblicare questa recensione a inizio settimana ma ho dovuto aspettare qualche giorno, ma va bene lo stesso. Oggi vi porto indietro nel tempo e vi parlo di Enrico VIII. Il cuore e la corona di Alison Weir.
ENRICO VIII. IL CUORE E LA CORONA
di Alison Weir
Neri Pozza | I Narratori | 640 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €22,00
29 luglio 2025 | link Amazon affiliato
È il 1503 ed Enrico, a undici anni, pensa che il mondo sia finito. Elisabetta di York, la regina amata, anzi venerata, è morta. Sua madre. Morta dando alla luce la sorellina. Da quando l’anno prima il fratello Arturo se ne è salito in Cielo appena quindicenne, le attenzioni materne erano state solo per lui, e lui aveva ricambiato con il più puro dei sentimenti di bambino. Ma all’erede al trono dei Tudor non è permesso crogiolarsi nel dolore, cercare conforto come una donnicciola: la vita ha ben altro in serbo per lui. In pochi anni, il sensibile principe che studia ogni giorno col suo precettore Erasmo da Rotterdam deve trasformarsi nel re d’Inghilterra e signore d’Irlanda. Deve diventare Enrico VIII. Il destino lo rincorre galoppante: in un soffio si ritrova promesso alla vedova di suo fratello, Caterina d’Aragona, la principessa spagnola di cui, contro ogni previsione, s’innamora perdutamente. Il Regno pesa come un macigno sulle sue spalle di re, il futuro della dinastia dipende dalla discendenza, ma dall’unione con Caterina sopravvive soltanto una femmina. Per Enrico è l’inizio della grande ossessione di una vita. Per le sue mogli, le regine, una condanna. Il suo desiderio spasmodico lo spingerà contro istituzioni nei secoli inamovibili, contro tutto e tutti. Sempre più potente e temibile, il re combatterà, giorno dopo giorno, la sua guerra infinita fra testa e cuore, fra corona e amore. In questo nuovo gioiello della collezione sui Tudor, Alison Weir ripercorre la vita del sovrano leggendario e controverso, romantico e spietato, che cambiò l’Inghilterra per sempre.
4 stelle
Enrico, finalmente!
Stava calando il buio. Com'erano passati in fretta gli anni! Non era sempre stato prigioniero di quel corpo ingombrante e malato. Aveva avuto una gioventù dorata, aveva conosciuto un successo dopo l'altro. Il mondo lo aveva celebrato. Si era creduto immortale. Come sono stupidi gli uomini agli occhi di Dio...
Leggendo la serie sulle sei regine Tudor, alla fine di ogni romanzo mi ritrovavo a desiderare un libro su Enrico VIII, per ascoltare anche la sua voce e cercare di comprenderne il punto di vista in una delle vicende più controverse e complesse della storia europea. Cosa pensava davvero delle sue mogli? Ne ha amata qualcuna? Ha provato rimorso?
Ed ecco che l’autrice inglese pubblica Enrico VIII. Il cuore e la corona, romanzo che ripercorre la vita del famigerato re dalla morte della madre, Elisabetta di York, fino alla sua stessa dipartita.
Enrico nasce come secondogenito, non destinato al trono. La morte improvvisa (ma neanche troppo) del fratello maggiore Arturo lo porterà invece a diventare erede di un padre che non ha mai creduto in lui, continuando fino all’ultimo respiro a rimpiangere il più posato primogenito. È qui che nascono i primi traumi del giovane Enrico. In lui si forma un feroce desiderio di emergere, di dimostrare il proprio valore, di ottenere l’approvazione paterna, soprattutto dopo la perdita dell’amata madre. Quando Arturo muore, Enrico vuole tutto: la corona, Caterina d’Aragona, la fama, la Francia, l’amore del genitore. Ma fino alla morte del padre non otterrà nulla, vivendo in un costante senso di sconfitta e delusione, lamentandosene di continuo.
Una volta ottenuta la corona, tutto cambia. La giovinezza scalpita in lui: ha fame di eccellere, di essere non solo Re d’Inghilterra ma anche un principe illuminato, amato e temuto, paladino della Cristianità, difensore della fede, l’unto del Signore che riunirà Inghilterra e Francia in un unico regno. In lui c’è una voglia incontenibile di fare, di strafare, come se la sua stessa maestà fosse troppo grande per essere contenuta. Questo trasporto si riflette anche nel suo amore per Caterina: infinito, assoluto, totalizzante. Manca solo l’erede… che, come sappiamo, non arriverà se non sotto forma della delicata Maria. Una femmina, figuriamoci! Da qui nasce il dubbio: e se quel matrimonio avesse offeso Dio? A questo si aggiunge l’incontro con Anna Bolena, giovane, ammaliante, irraggiungibile. Sappiamo come va a finire: per amore di Anna – ma soprattutto per il desiderio di un figlio maschio legittimo – Enrico rinnegherà Roma, fonderà la Chiesa Anglicana, farà dichiarare nullo il matrimonio con Caterina e creerà una nuova regina. Questa parte è la più consistente del romanzo, occupando circa metà delle pagine. Poi… la storia la conosciamo: dopo una moglie ripudiata e una decapitata, Enrico ottiene finalmente l’erede con Jane Seymour, che però muore pochi giorni dopo il parto. Sposerà poi, spinto da Cromwell, Anna di Cleves, da cui divorzierà quasi subito, per convolare con la civettuola Catherine Howard, che finirà anch’essa sul patibolo. Infine, l’ultima regina: la sopravvissuta, Catherine Parr.
Alison Weir, come è facile immaginare, non ci racconta nulla di realmente nuovo. Ciò che rende speciale il romanzo è il modo in cui tratteggia uno dei sovrani più discussi della storia europea. L’Enrico che ci propone è un uomo ambizioso, certo, egocentrico, ma soprattutto profondamente insicuro, costantemente alla ricerca del primeggiare. Ha bisogno di vincere sulla Francia, tanto per la sicurezza del regno quanto per affermarsi come principe agli occhi d’Europa. Sente su di sé il peso dell’essere sempre il “secondo”: il secondo per nascita, il secondo agli occhi del padre, il secondo come marito di Caterina.
La particolarità è che, durante tutta la lettura, non ho mai percepito Enrico come un despota, come spesso è stato dipinto. Fa quasi pena, con quel suo senso di perenne inadeguatezza. L’autrice è abile nel mostrarci questa sfaccettatura vulnerabile del re che pure ha mandato due mogli a morte.
Alla fine della sua vita, Enrico sembra persino concedersi un momento di autocritica, ripensando alle donne che ha amato, ucciso, allontanato. Certo, buona parte della colpa continua ad attribuirla agli altri (Wolsey, Cromwell, ecc.), ma soffre comunque per quelle due tombe in San Pietro ad Vincula che giacciono affiancate e che rimarranno insieme per i secoli a venire.
Cosa possiamo dire, poi, mettendo questo romanzo accanto a quelli della serie delle Regine Tudor? Qui ho avuto qualche perplessità. Leggendo i libri dedicati alle regine non avevo percepito le stesse sfumature che ho ritrovato in questo. Personaggi diversi, tinte diverse. Se la Caterina d’Aragona del suo romanzo appariva sempre in attesa, con un’aura remissiva, qui è molto più combattiva e ferma nelle sue posizioni; lo stesso vale per Anna: pudica e quasi santa là, decisamente più spudorata qui.
In generale, è stata una lettura piacevole. Amo i romanzi storici con una solida base reale e apprezzo molto il periodo narrato. A tratti forse manca un po’ di coerenza con le opere precedenti, e l’ho trovato leggermente sbilanciato, con una prima metà più lenta e un finale piuttosto frettoloso. Ma la penna della Weir qui torna a brillare in tutto il suo splendore, dopo – mi permetto di dirlo – il noioso scivolone del libro su Elisabetta di York.
È un romanzo che richiede impegno: gli episodi sono tanti, i nomi (spesso molto simili) pure, e 640 pagine non sono poche. Ma se decidete di dedicargli un po’ della vostra attenzione, saprà sorprendervi.
Alla prossima






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