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Recensione: Le pergamene di Sertorio - Nelson Martinico

Buongiorno lettori e buon sabato,
lo diciamo subito per chi sta già lì col divino alzato: il primo che fa qualche battuta col la Befana protagonista, prego, quella è la porta e a scopettate in testa si può prendere da solo. Ok? Tutto chiaro, ci siamo capiti? Bene, bravi lettori!
Le feste sono praticamente finite ed è tempo di tornare alla cara normalità. Che un po' ci vuole perché io ieri ero convinta che fosse giovedì di un ben precisato mese di un non ben precisato anno... insomma non ci sto più capendo niente. Ci vogliono dei punti fissi e uno di questi è una nuova recensione che questa volta purtroppo non è positiva: Le pergamene di Sertorio di Nelson Martinico (un grazie va alla casa editrice Edizioni Spartaco che mi ha messo a disposizione una copia).

Le pergamene di Sertorio
di Nelson Martinico
Edizioni Spartaco | Dissensi | 384 pagine
 cartaceo €14,00
4 maggio 2017 | scheda Edizioni Spartaco

TRAMA
Traiano convoca a palazzo Plutarco: in Spagna sono state rinvenute alcune pergamene preziose perché scritte di proprio pugno dall’oratore e condottiero Quinto Sertorio. L’imperatore incarica lo scrittore e storico greco di mettere ordine in quei documenti risalenti al I secolo avanti Cristo, sfrondando e limando, per restituire dignità a un grande uomo di Stato condannato all’oblio. E così, attraverso un’autobiografia, Sertorio in prima persona racconta gli avvenimenti drammatici e affascinanti della sua vita: il legame con la madre e il pedagogo Filostrato, l’educazione rigida, gli studi, le amicizie, l’amore bruciante per Flavia, l’affermazione come oratore nella Capitale. Vicende familiari ed episodi di vita pubblica si intrecciano, sullo sfondo di una Roma spaccata in due fra popolari e aristocratici. Con la dittatura di Silla, al democratico Sertorio non resta che superare Alpi e Pirenei fino alla terra dei suoi antenati materni. Proprio qui l’eroe di Aquae Sextiae, orbo di un occhio, acclamato dal popolo come un nuovo Annibale, diverrà un ribelle contro l’Urbe dando ai suoi partigiani, iberici e non, usi e istituzioni romane, con l’intento non di abbattere la Repubblica, ma solo la corruzione che in essa si annida. Inferti gravissimi danni agli eserciti di Metello e Pompeo, alla fine cade vittima del tradimento. Storia, leggenda e invenzione letteraria si fondono in un libro avvincente. Personaggio straordinariamente attuale, Quinto Sertorio nei Paesi iberici è tuttora ritenuto un eroe nazionale ed è oggetto di saggi e racconti. È tempo che la sua figura sia riscoperta anche in Italia.


Ok lettori, qui bisogna rispolverare un attimo qualche nozione di storia romana. Aspettate che do una pulita alla Laurea che ci sta giusta giusta e sono pronta.
Sertorio, ve lo ricordate? Beh sicuramente non è uno Giulio Cesare o un Nerone, non è uno di quei nomi a cui si ricollegano immediatamente gesta e imprese. Magari si, il nome qualcosa ci dice, ma quei romani con tutti quei nomi li si confonde sempre un po'.  Quinto Sertorio è uno di quei personaggi che si muovono sullo sfondo dell'avanzata Sillana e delle lotte con Mario. Fu un grande oratore e questo gli giocò amicizie ma anche non pochi nemici. Ma fu anche un valoroso militare, in particolare contro i Teutoni, che contribuì a sconfiggere del tutto guadagnandoci un occhio in meno (rischi del mestiere). Ma Sertorio fu soprattutto un valoroso avversario per quella Roma Repubblicana che, nel mito del vero romano, era in realtà lacerata al suo interno da fazioni pronte a farsi la pelle a vicenda senza troppi problemi. Rifugiatosi in Spagna la governò effettivamente cercando di dare alle genti locali una impostazione romana senza però la corruzione che dilagava nella penisola italica.

Questa a grandi linee, giusto per farvi capire dove siamo e quando, è la storia che mi sono trovata a leggere. Della vita di questo uomo, troppo presto additato come un ribelle, parla questo libro, una biografia romanzata che con l'escamotage delle pergamene scritte di suo pugno racconta in prima persona gesta e cuore del protagonista. Tutto molto bello, anche perché francamente di Sertorio mi ricordavo giusto qualcosina ma mica tanto. E mi ha fatto piacere rivalutare una figura di cui effettivamente poco e male si sa.
Il problema è che in più di una occasione ho avuto la sensazione che  fosse tutto troppo forzato, troppo costruito. Mi spiego meglio... E' una biografia, tuttavia esistono biografie e biografia. C'è quella che nasce tale e muore saggio e quindi ha un'aurea accademica. Poi c'è quella romanzata, ed è il nostro caso, che a mio avviso deve parlare della vita del protagonista ma non dare l'idea che poi seguirà un'interrogazione con tanto di voto sul libretto. In più punti l'autore ha inserito spiegazioni di usi e costumi romani, fatti storici, propri di un manuale di archeologia romana ma che in un romanzo appesantiscono e rendono macchinosa la lettura. Termini latini, spiegazione di cosa sia uno stilo, dei culti bacchici... tutto bene, però per chi lo ha studiato da proprio la sensazione di un esame universitario che ti aspetta, per gli altri da solo noia e poca voglia di continuare. Ed è un peccato, perché al figura di Sertorio è eroica, avventurosa e profonda, poteva essere resa meglio e dare di più al lettore senza la sensazione di essere valutati.

Alla prossima



Commenti

  1. Non conosco il libro ma forse questa visione accademica anche per coloro che ignorano la vita di Sertorio e nulla sanno dei costumi e usi romani può essere un punto di forza. E' normale che se hai già una certa cultura ti sembrano ripetitivi e ti annoiano ma per coloro che nulla sanno potrebbero essere interessanti, forse messi meglio, potevano dare una certa fluidità al racconto. /Queste sono congetture mie visto che non lo ho letto)

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