Recensione: Non sarò mai la brava moglie di nessuno - Nadia Busato

by - maggio 18, 2018

Buongiorno lettori, 
in questi giorni sto lavorando a pieno regime, quindi ahimè ho poco tempo per il blog, ma cerco di ritagliarmi comunque qualche momento utile per leggere. Oggi, mentre scappo perché sono già in ritardo, vi lascio con la recensione di un libro molto particolare che sancisce anche l'inizio della collaborazione del blog con la casa editrice SEM (che ringrazio per la copia). Si tratta di Non sarò mai la brava moglie di nessuno di Nadia Busato.

Non sarò mai la brava moglie di nessuno
di Nadia Busato
SEM | SEM | 255 pagine
cartaceo €16,00
22 marzo 2018 | scheda SEM


TRAMA
La mattina del primo maggio 1947 una giovane e attraente impiegata sale fino alla terrazza panoramica all'ottantaseiesimo piano dell'Empire State Building, il grattacielo simbolo di New York, e si lancia nel vuoto. La fotografia del suo cadavere, miracolosamente intatto e bellissimo, scattata da un giovane fotografo sconosciuto subito dopo lo schianto, diventa una delle immagini più celebri e potenti mai pubblicate da LIFE Magazine. Quella ragazza si chiamava Evelyn McHale. La sua è una storia affascinante e misteriosa, come e forse più di un romanzo. Dopo anni di ricerche e interviste, Nadia Busato ha scritto un romanzo ispirato a Evelyn partendo proprio dalla celeberrima fotografia che ha suggestionato, anche grazie al lavoro di Andy Warhol, la moda e l'arte delle avanguardie pop.

"Non voglio che nessuno mi veda, nemmeno la mia famiglia. 
Fatemi cremare, distruggete il mio corpo. Vi supplico: niente funerale, niente cerimonie. 
Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Ma io non sarei mai la brava moglie di nessuno. Sarà molto più felice senza di me. Dite a mio padre che, evidentemente, ho fin troppe cose in comune con mia madre".

Quando leggo un romanzo tratto da una storia vera cerco sempre di documentarmi e il web in questi casi è una manna dal cielo. Per questo libro sapevo bene cosa cercare: una foto pubblicata sulla rivista Life nel 1947. Ora fatelo anche voi, andate su Google e nella barra di ricerca scrivete Evelyn McHale. Vi apparirà ripetuta decine di volte la foto di Evelyn morta, adagiata sul tettuccio di una macchina che ha centrato dopo essersi lanciata dall'86esimo piano dell'Empire State Building. Sembra quasi dormire in questa nicchia che si è creata. E' bellissima, ma anche agghiacciante questa foto. No basta, non potete fissarla oltre, eppure non riuscite a farne a meno. Le gambe graziosamente incrociate all'altezza delle caviglie, una mano che sembra giocare con la collana di perle, l'altra che quasi si porta alla tempia. Una bella addormentata che racchiude chissà quale segreto.

Questa foto farà il giro del mondo, scattata da un giovanissimo fotografo che poi sparirà dal mondo della fotografia. Ispirerà scrittori e artisti, Andy Warhol, David Bowie. E' una foto potente che l'autrice Nadia Busato ha visto quasi per caso. Ma è rimasta lì, un tarlo che l'ha portata a documentarsi, a cercare di capire e , infine, a scrivere un romanzo in cui dà voce solo per ultimo alla stessa Evelyn. Prima la conosciamo grazie alle parole della madre e della sorella, del poliziotto che per primo accorse sul luogo della sua morte, del fidanzato che la sera prima l'aveva lasciata senza ravvisare niente di preoccupante, dell'amica che l'ha conosciuta durante la guerra.

Ne esce il ritratto di una donna che non è riuscita a trovare il suo posto del mondo, ma che lo stesso mondo non è riuscito ad accogliere, figlia di un periodo storico in cui il sogno americano così brillante e luminoso sembra sbiadito dopo la crisi della Grande Depressione e della guerra. Oggi forse non ce ne rendiamo conto ma quella è stata una generazione in bilico, che è passata dall'orrore dei campi di combattimento, delle bombe atomiche alla normalità della casa. Come passare dall'uno all'altra? Come capire cosa fare di se stessi? Se poi si è donna la strada si stringe: figlia, moglie e madre, questo il destino. Un mondo che sembra enorme, una città che scintilla con i suoi grattacieli sempre più alti, la terra delle occasioni... ma non se sei Evelyn, se provieni da una famiglia numerosa, abbandonata troppo presto da una madre che come te si sentiva stretta in un ruolo preconfezionato e se sei stata cresciuta da un padre che ti trascinava per lavoro da una città all'altra. Evelyn non aveva radici, non riusciva a trovare un luogo in cui crearsi una vita semplicemente perché non sapeva come fare, dove cercare, chi cercare. Uno spirito libero? Una pazza in molti l'hanno definita! No, personalmente credo che Evelyn fosse tutto fuorché pazza. Sola, incapace di dare e cercare amore e affetto. Evelyn è un prodotto atipico del suo tempo, di una società così forte da decidere i destini del mondo ma così debole da rinchiudere donne e uomini in ruoli stretti e angusti.

Nadia Busato ci regala un romanzo non facile, non per tutti, un romanzo forte e potente, che ti richiede ogni grammo di attenzione. Non racconta solo una storia, non ci dice solo chi è Evelyn e perché si lanciò da quel grattacielo. No. Spinge il lettore a capire, a conoscere Evelyn e la sua generazione, il mondo che le si muove intorno, un mondo fatto di gente che si buttò da quello stesso grattacielo prima e dopo di lei, perché lo fecero? Quando? Perché una di loro sopravvisse alla caduta?
E' un romanzo che richiede pazienza e tenacia. Non è stata una lettura immediata, ho faticato all'inizio cercando di capire come saremmo arrivati a quel 1 maggio 1947 e a quella foto. Insomma, mi sono dovuta guadagnare una storia che poi si è rivelata forte e potente, triste nella sua malinconia ma splendida in uno scatto fotografico che ha fatto la storia.

Leggetelo, ma solo se liberate la mente dall'idea della classica biografia. Non lo è e non lo sarà mai. Guardate prima quella foto, cercate di capire cosa suscita in voi. Osservate l'espressione quasi pacifica di Evelyn, sembra dire Ce l'ho fatta! Mi sono liberata!

Alla prossima


Crediti immagini: Life Magazine 2 maggio 1947

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